USB: SUL WELFARE IL COMUNE DI BOLOGNA HA ORGANIZZATO UNA "TRE GIORNI DEL CONDOR"

Bologna -


RILANCIARE I SERVIZI PUBBLICI E NON DARLI IN PASTO AI RAPACI DEL MERCATO PRIVATO



“Bologna si prende cura – I tre giorni del welfare”, questo è il titolo dell’iniziativa pubblica che il Comune di Bologna si appresta a presentare insieme a istituzioni pubbliche come la Regione, l’Università, Aziende USL e il variegato mondo del profit e non profit.
Il Comune ha organizzato una vera e propria celebrazione con relativo “buffet” di quel che resta dello stato sociale pubblico, da mettere in vendita, con una esaltazione dei pezzi già messi sul mercato: per questo motivo a noi sembra più adatto parlare dei “Tre giorni del Condor sul Welfare” visto che si tratta di come spolpare la carcassa dei servizi pubblici.
Gli attori coinvolti in questo evento non lasciano dubbi sull'effettivo scopo di questa operazione, oltre alle istituzioni troviamo ANASTE, che rappresenta le imprese private di assistenza residenziale agli anziani, Alleanza delle Cooperative italiane (cioè Lega Coop, AGCI e Confcooperative, un matrimonio d'interessi tra cooperative “rosse” e “bianche”), Coop Alleanza 3.0, Confcommercio e pezzi dell'associazionismo che si apprestano a gestire il welfare residuale.
Quelli che mancano, o ridotti a semplici comparse, sono gli operatori dei Servizi Educativi Scolatici, dei Servizi Sociali e della Sanità, quelli che nonostante i tagli, nonostante la pianificata frammentazione dei servizi, in solitudine, cercano di dare risposte alle richieste dei cittadini colpiti dalla crisi.
Sono le lavoratrici e i lavoratori in trincea, che resistono al costante smantellamento delle loro funzioni e che senza strumenti cercano di rispondere alle sempre più crescenti richieste di interventi strutturali per superare l'emarginazione.
Quello che si vuole spacciare per “Welfare del terzo millennio” è l'ultimo assalto allo stato sociale pubblico, quello che vogliono è il definitivo ritiro delle istituzioni per lasciare spazio e campo al mercato privato e al profitto.
In una regione come l'Emilia Romagna le risorse pubbliche non mancano, e vengono usate dall'amministrazione non per interventi diretti a beneficio della popolazione ma per sovvenzionare il mercato privato: succede nella sanità, nei servizi alla persona, nell'istruzione, nei trasporti e nell'edilizia residenziale. Questo ha effetti negativi e discriminatori verso i settori popolari.
Quello che servirebbe oggi è un piano di investimenti sui servizi con funzione pubblica, senza intermediazione privata, per garantire a tutti i servizi essenziali e condizioni dignitose a chi ci lavora, ampliando i posti di lavoro laddove serve.
Le disuguaglianze sociali sono in crescita su tutto il territorio nazionale, frutto della crisi sistemica e delle politiche economiche di austerità imposte a tutti i livelli.
Tagli del welfare, precarizzazione dei posti di lavoro, crisi degli alloggi e bassi salari: queste sono le misure portate avanti in questi anni, anche dalle istituzioni locali, che hanno pesantemente divaricato la forbice tra i settori sociali e che hanno fatto crescere l'area della popolazione a rischio povertà.
I dati pubblicati in questi giorni sono chiari, a Bologna il quasi 20% della popolazione ha reddito annuo inferiore ai 10.000 euro, quindi non “senza lavoro”, ma lavoratori poveri. Cittadini al limite della soglia di povertà relativa che sempre più spesso si rivolgono ai servizi sociali per non sprofondare nella povertà assoluta. La risposta prevalente delle istituzioni è quella di dirottarli alle associazioni di volontariato (tipico del welfare del terzo millennio, spesso nasconde vero lavoro non pagato) l'associazionismo, la Caritas, ecc. insomma la classica carità e non interventi strutturali.
L'unica risposta che le istituzioni pubbliche possono e devono dare alla sempre più forte richiesta di intervento è il rovesciamento delle scelte fin qui fatte, mettendo innanzitutto in discussione i processi che hanno portato a questa situazione.
Il punto centrale è che i vincoli imposti dai trattati europei esplicitano i loro effetti, non solo sulla finanza statale con l'obbligo di pareggio di bilancio in costituzione, tramite la modifica dell'art. 81, ma anche sui bilanci dei comuni imponendo il “patto di stabilità”, questo vuol dire tagli drastici delle risorse pubbliche per finanziare il vero welfare accessibile a tutti.
Quello che dovrebbe fare l'ANCI Emilia-Romagna, che patrocina questo evento, è chiedere il superamento dei vincoli imposti, risorse pubbliche per dare risposte strutturali alla crescente richiesta di welfare e un piano straordinario di assunzione nella pubblica amministrazione per rafforzare gli organici in settori delicati e strategici come i servizi educativi, i servizi sociali e la sanità con la reinternalizzazione dei servizi esternalizzati per contrastare in modo efficace le crescenti disuguaglianze e marginalizzazioni sociali che colpiscono la popolazione.
Bologna 27/02/2019
USB Bologna