Bologna. Dall'emergenza al diritto.
Oggi, in presidio davanti alla sede (sbarrata) del Comune, abbiamo rilanciato pubblicamente un discorso complessivo di rivendicazione del diritto all’abitare per tutti, senza nessuna esclusione.
Il presidio è stato organizzato il giorno dopo il drammatico sgombero dell’occupazione di via Toscana avvenuto ieri in mattinata, a cui gli occupanti dentro e il presidio solidale all’esterno hanno resistito per dieci lunghe ore nonostante le cariche della polizia e le denunce date agli abitanti senza nemmeno permettere ad una delegazione sindacale di prendere contatto con gli iscritti.
Ancora una volta abbiamo dimostrato che le occupazioni si difendono con la lotta, che non esiste nessun accordo o “modello Beretta” accettato da Asia, come dichiarato di recente dall’amministrazione comunale.
Tuttavia, la forza repressiva con cui i poteri cittadini tentano di cancellare il movimento di lotta per la casa ci porta ad alcune riflessioni.
Il Comune si maschera dietro la scusa di un questore “duro”, ma sappiamo bene che la causa che scatena le lotte per la casa è una grave mancanza politica.
La giunta PD, in pieno accordo con il governo Renzi, vende il patrimonio pubblico ai soliti speculatori privati, privando i settori popolari in difficoltà di risorse pubbliche, come le case popolari, che oggi sono più che mai necessarie.
Questa strategia, tipica del PD, fatta di privatizzazioni e assenza di politiche attive, farà crescere sempre di più il numero di persone senza casa, e dunque le lotte di riappropriazione continueranno. Se non si cambia rotta, continueranno gli sfratti, le occupazioni e, purtroppo, gli sgomberi.
Il presidio ha rilanciato dunque la necessità che l’ente pubblico assuma le proprie responsabilità attivamente. E’ necessario innanzitutto fermare la svendita di patrimonio pubblico, e utilizzare tutto lo sfitto cittadino come patrimonio abitativo in quota ERP, con tempo di assegnazione indeterminato e affitti realmente accessibili per le molte persone che si trovano in difficoltà economica. A partire dallo sfitto pubblico (caserme Sani e Stamoto ad esempio), e intaccando anche, tramite la requisizione, le grandi proprietà di privati colpevoli di speculare sullo sfitto.
Sappiamo, anche dopo aver trovato oggi le porte del Comune sbarrate alle legittime richieste del presidio di cui facevano parte molti degli sgomberati a cui il comune non ha dato soluzioni, che queste conquiste possono essere ottenute solo con un percorso di lotta cosciente e determinato e con l’unità di chi lotta per i diritti sociali in città. Percorso su cui lavoreremo già dai prossimi giorni, per costruire il 26 febbraio un’assemblea pubblica sul diritto all’abitarea cui invitiamo le realtà organizzate e tutta la città a condividere progetti collettivi di rivendicazione.
Abbiamo già un elemento pratico su cui lavorare, per costruire un esempio virtuoso di come sia possibile evitare il solito percorso che dopo lo sgombero delle occupazioni porta alle finte soluzioni temporanee che finora il Comune ha messo in campo.
Intendiamo costruire una vertenza per la regolarizzazione delle Case Occupate Nelson Mandela, su cui abbiamo registrato la disponibilità da parte della proprietà (azienda ospedaliera Sant’Orsola). Per sostenere i costi della regolarizzazione il Comune deve farsi parte attiva, tramite l’utilizzo di fondi per l’emergenza abitativa, perché anche questo vuol dire garantire diritti alla cittadinanza.
La nostra proposta è di replicare la conquista (la regolarizzazione di un’occupazione storica) ottenuta di recente dall’Asia a Napoli, impostando dunque un percorso di tipo diverso, basato non sull’ordine pubblico ma su politiche sociali attive, che sia punto di partenza proprio per soluzioni diffuse, a partire da un semplice assunto, che da troppo tempo gridiamo e annunciamo nelle piazze, nelle assemblee e nelle trattative: a Bologna, come in molte altre città, c’è TROPPA GENTE SENZA CASA, E TROPPE CASE SENZA GENTE!
Asia-Usb Bologna