LO STRANO CASO DELLA COOPERATIVA CORSARA: PROTEZIONISMO O BARBARIE

Bologna -

A leggere i giornali, in questi giorni, sul caso della Coop Mosaico di Fabriano che ha strappato l’appalto all’ATI composta in buona parte da storiche cooperative bolognesi, abbiamo appreso del grande biasimo bipartisan: la CGIL furiosa, “critica” il Comune avvisando che questa aggiudicazione potrebbe portare “a gravi conseguenze” (com’era? Can che abbaia...), l’Alleanza delle Cooperative (l’ATI di lotta e di governo, formata da Legacoop, Confcooperative e Agci) avvisa che “è arrivato il momento del chiarimento definitivo, visto che per le coop perdere bandi come quello dei servizi socio educativi per l’infanzia […] rischia […] di mettere in discussione la tenuta della cooperazione bolognese […]” (Corriere di Bologna del 21/01/15).

Quindi, un ribasso del “solo 6%” sarebbe stato meglio del ribasso dell’11% che applicherà al servizio la Coop Mosaico di Fabriano? Per intenderci, i numeri sono quelli che dicono che la cooperativa marchigiana gestirà i servizi socio educativi del territorio bolognese per una cifra intorno ai 550.000 rispetto alla “richiesta”, da parte dell’ATI bolognese (CSAPSA 2, Open Group, Società Dolce, Il Pettirosso, Arci e La Carovana) di 580.000 euro?

Cioè, questa cooperativa “corsara” (una sola, non in ATI) chiede 30.000 euro in meno? Questo è quanto?

A noi sembra, piuttosto, la recriminazione di chi prima “faceva impresa sociale” in regime di quasi-monopolio, e che invece ora si trova ad avere a che fare con il renzismo della giunta Merola, che, in epoca di Jobs Act, precarizza anche le relazioni economiche e politiche storiche alla base del modello bolognese (e del resto il ministro Poletti, ex di Legacoop, non è espressione proprio di quel modello?)

Quello che il mondo consociato della cooperazione bolognese dimentica, però, è che da anni è in corso, sul nostro territorio, una riduzione dei servizi “mascherata” (come dichiara proprio l’AdC) da “offerte economicamente più vantaggiose” (il massimo ribasso); e però, quando gli appalti al ribasso sono rimasti “cosa nostra”, con assegnazioni e riassegnazioni alle coop del territorio, non è mai stato, o quasi, sollevato il problema di cosa significa tale paradigma di riduzione progressiva e scientifica dei servizi: anzi, quasi a giustificare le scelte delle amministrazioni, che a una riduzione delle risorse proponeva la sussidiarietà (meno servizi pubblici, più privati), la cooperazione bolognese ha gestito egregiamente i tagli agli appalti sui dormitori e la bassa soglia, sui servizi socio-educativi e scolastici di Casalecchio, la riduzione di accesso dei minori nelle comunità (con dirottamento verso provincie dove “si paga di meno”), per citare solo alcuni e più recenti episodi. Tutto questo ha significato riduzione dei contratti e dei monte ore degli operatori, cassa integrazione e mobilità, perdita del senso dell’intervento dei servizi stessi. Con tanti saluti alla qualità, che pure era uno dei fiori all’occhiello di questo modello di welfare.

Ora attraverso la delibera del Bilancio, il Comune di Bologna si appresta a tagliare ulteriormente i servizi domiciliari e scolastici, ma siamo convinti che non si alzerà nessun grido di allarme a turbare l’opinione pubblica,  giacché quel servizio è gestito proprio (e a scapito della territorialità) da un’altra di quelle cooperative “corsare” che sulla base di un’offerta “economicamente più vantaggiosa” spodestò allora la Società Dolce, che quell’appalto gestiva da anni.

È il mercato, signori, che non si può invocare a dimensione variabile, salvo poi puntare il dito contro “i cinesi” che fanno concorrenza sleale. La concorrenza, per quanto riguarda i servizi sociali, è sempre sleale, e a farne le spese, come al solito, sono gli utenti, i lavoratori e i cittadini.

Non si possono invocare i dazi doganali e i balzelli, quando quello che si cerca di far passare è che si è sfruttati meglio se a sfruttare (con CNNL capestro, integrativi miserrimi, precarietà e ricatto occupazionale) sono le cooperative di casa nostra.

Diciamola tutta: non esiste una cooperazione migliore di un’altra, quando si tratta di far digerire la scomparsa dello stato sociale.

Il nostro invito quindi, è ai lavoratori di tutti i servizi: non ci sarà pace fino a che i servizi sociali saranno premi da giocarsi al mercante in fiera.

L’UNICA RISPOSTA È ORGANIZZARSI PER DIFENDERE I NOSTRI DIRITTI, DIFENDERE IL SALARIO, LA QUALITÀ DEL LAVORO E REINTERNALIZZARE I SERVIZI.

 

Bologna 23/01/15

 

p. USB Coop Sociali Bologna

 

Fabio Perretta