Coronavirus: Confindustria impone l’apertura delle aziende, a quale costo umano? Fermare le fabbriche e garantire la salute e il salario dei lavoratori
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato lo stato di pandemia globale, mentre la situazione nel nostro paese si fa ogni giorno più grave.
Tuttavia, nonostante la situazione di emergenza straordinaria, il Governo Conte si è piegato alla Confindustria che continua ostinatamente a imporre l’apertura di tutti i settori produttivi compresi quelli non essenziali. Di nuovo questa classe dirigente senza scrupoli antepone il profitto alla salvaguardia della salute e della sicurezza dei lavoratori e del paese.
Sebbene il Governo abbia dichiarato l’Italia zona protetta, scorrendo l’allegato 1 del Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri (DPCM) dell’11 marzo si scopre che rimarranno aperte, le industrie, le banche, le compagnie della logistica e buona parte degli uffici pubblici. Ossia milioni di lavoratori continueranno ad essere costretti ad andare a lavorare mentre c’è un’epidemia in corso.
Come ha riconosciuto con soddisfazione la Confindustria, nei decreti governativi mancano delle disposizioni e degli obblighi chiari e dettagliati per i datori di lavoro, sia per rispettare i requisiti di sicurezza e sia per ridurre il numero dei lavoratori “circolanti”. Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti ai lavoratori non vengono forniti gli strumenti minimi di protezione individuale, e sono poche le aziende che sanificano gli ambienti di lavoro.
Inoltre, nel DPCM dell’11 marzo, ci sono delle disposizioni blande, ad esempio l’utilizzo dello smart-working, che è inutilizzabile da chi è in produzione, all’invito a chiudere i soli reparti non indispensabili per la produzione, all’utilizzo di ferie e congedi.
Per affrontare questa emergenza occorrono misure drastiche e che salvaguardino la salute e il salario dei lavoratori, pertanto abbiamo richiesto:
il blocco temporaneo di tutte le attività produttive ad eccezione di quelle strettamente collegate alla lotta della pandemia; l’utilizzo degli ammortizzatori sociali e con l’integrazione piena del salario l’adozione di tutte le misure necessarie corrispondenti ai livelli di rischio legato alle specifiche situazioni lavorative
Su queste proposte USB invita le proprie RSU a mobilitarsi, utilizzando le forme di lotta più opportune, compreso lo sciopero per difendere l’incolumità e il salario dei lavoratori.
Bologna 11 marzo 2020
USB Lavoro Privato Industria