Coronavirus - I test sierologici non bastano per “riaprire in sicurezza”

Bologna -

 

 

Il piano annunciato dalla regione Emilia-Romagna per tracciare in modo non strutturale i contagi da Covid19 risulta gravemente insufficiente e non previene un aumento futuro dovuto alla riapertura che il presidente Bonaccini vorrebbe addirittura anticipare rispetto alle indicazioni del Governo e dell'Istituto superiore di sanità.

L’Unione Sindacale di Base da mesi denuncia i rischi a cui sono stati sottoposti i lavoratori e i cittadini, che rimangono ulteriormente esposti nella cosiddetta “fase 2” regionale nella quale invece di rendere concreta la promessa di un più capillare uso di tamponi per testare, tracciare e trattare, si annuncia un piano di monitoraggio dell’epidemia da effettuarsi tramite test sierologici a partire da  martedì 12 maggio su base volontaria da parte di aziende e privati cittadini che decidano si sottoporvisi ovviamente dietro contributo economico privato (dai 45 ai 90 euro pare).

I test sierologici possono avere un valore significativo dal punto di vista epidemiologico, ma non sono attendibili dal punto di vista diagnostico. Pertanto, i test individuali sono fortemente sconsigliati dalla comunità scientifica, non possono e non devono essere utilizzati per il rilascio di certificati di riammissione al lavoro e rimangono, quindi, a tutti gli effetti una misura insufficiente per riaprire in sicurezza.

Anche la circolare del Ministero della salute n. 16106 del 9 maggio 2020 ricorda quanto evidenziato dall'OMS circa l’utilizzo dei test sierologici che "secondo il parere espresso dal Comitato tecnico scientifico istituito presso il Dipartimento di Protezione civile, non possono, allo stato attuale dell’evoluzione tecnologica, sostituire il test molecolare basato sull’identificazione di RNA virale dai tamponi nasofaringei, secondo i protocolli indicati dall’OMS.

Infatti, il risultato qualitativo ottenuto su un singolo campione di siero non è sufficientemente attendibile per una valutazione diagnostica, in quanto la rilevazione della presenza degli anticorpi mediante l’utilizzo di tali test non è, comunque, indicativo di un'infezione acuta in atto e, quindi, della presenza di virus nel paziente e del rischio associato a una sua diffusione nella comunità".

A tutela della salute pubblica rimangono necessarie quelle misure diagnostiche che sono realmente efficaci per proteggere tutta la popolazione e scongiurare una seconda ondata di contagi, misure che vanno messe in pratica prima di una scriteriata riapertura di tutte le attività produttive.

Non è ammissibile che le istituzioni della regione Emilia Romagna scelgano di privilegiare gli interessi e i profitti del mondo imprenditoriale sacrificando il diritto alla salute dei lavoratori e dei cittadini emiliano-romagnoli.